L’Italia in recessione
Quando c’era chi vedeva la luce in fondo al tunnel

Riconosciamo volentieri da sempre al ministro Padoan una serietà ed una competenza che purtroppo spesso hanno fatto difetto a qualche suo predecessore. Ad esempio, egli ha saputo dimostrare il coraggio di guardare alla crisi con veridicità, senza ridicoli infingimenti, del tipo “la crisi è finita”. o anche peggio: si inizia a vedere “la luce in fondo al tunnel”. Al contrario, la crisi non è finita, e non si vede proprio nessuna luce, il tunnel è lungo e scurissimo. Intervistato dal direttore de “il Sole 24 ore” prima che l’Istat pubblicasse le attese stime sui conti, Padoan, che deve aver avuto un antenato in qualche ridotta del Carso, già si riparava la testa: “Il quadro macroeconomico che si sta delineando in questi mesi e in queste settimane è molto più deteriorato di quello di qualche settimana fa”. Esatto. Infatti il Pil è stato dato a - 0,2%, un dato peggiore del previsto, che costringerà a rivedere i conti del governo gioco forza. Che poi la produzione industriale sia finalmente in crescita per un + 0,9 per cento, non suscita particolari illusioni. Contemporaneamente a questo dato c’è il rischio che si completi nei prossimi mesi il definitivo smantellamento della nostra industria pesante, Ilva in testa. Come dice giustamente Padoan, “l'Italia stenta a uscire dalla crisi perché ha accumulato ostacoli strutturali”. Per cui non c’è molto da fare. Se vogliamo la ripresa bisogna rimuovere qualsiasi ostacolo con le riforme. Padoan ritiene poi fondamentali le riforme istituzionali, che hanno un impatto molto importante sul funzionamento dell'economia. Ad esempio, a detta di Padoan, la semplificazione del processo legislativo e la certezza della durata dei governi, sono obiettivi fondamentali. Solo che, il ministro ci perdoni, ammesso che l’eliminazione del Senato consenta una semplificazione del processo legislativo, perché il Senato Regionale che si vuole varare, ha poteri sulla spesa non indifferenti, e potrebbe risultare più indipendente alla maggioranza di governo di quanto lo fosse il vecchio Senato, sul fronte della durata del governo, non c’è nessuna riforma in cantiere. Per cui bisogna sperare che nonostante tutto il governo duri, perché, se ci atteniamo alla prassi costituzionale, non proprio un viatico consolante, il governo può anche cadere domani. In ogni caso Padoan è d’accordo nel ritenere che servano anche riforme economiche, quella del lavoro ad esempio, di cui pure non sappiamo più niente e poi privatizzazioni, tagli, anche scomparsi, tranne le poche consolanti informazioni che si conoscono dallo stimato e già silurato Cottarelli. Dispiacerebbe molto se la marcia trionfale di Renzi al Senato, diventasse una faticosa e sdrucciolevole salita sul campo economico. Purtroppo, mancano completamente un’idea vera, una determinazione feroce, un ministro che dica o si fa così o si fa pomì. C’è il buon argomentare di Padoan che dimostra come egli sia consapevole di quello che stia accadendo e forse anche che al momento, il passo del governo sia completamente inadeguato alla gravità della situazione.

Roma, 6 agosto 2014